Modalità di ricostruzione delle città distrutte: i casi di Faenza, Dresda, Varsavia, Londra, Berlino…Gaza
Dopo ogni guerra, dopo ogni catastrofe naturale nell’opinione pubblica e nel mondo della cultura affiora la domanda: come ricostruire gli edifici distrutti? Nel suo libro “Appunti per un’urbanistica raccontata ai ragazzi” Giorgio Gualdrini citò un passo del romanzo Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar in cui è scritto: «Ricostruire significa collaborare con il tempo nel suo aspetto di “passato”, coglierne lo spirito o modificarlo, protenderlo, quasi, verso un più lungo avvenire».
Quando, rimosse le macerie, si sceglie di praticare la via della radicale innovazione “lo spirito del passato” tende inevitabilmente a svanire. Così capitò, tra le tante, alle città di Noto dopo il terremoto del 1693 e alla città di Lisbona dopo il devastante sisma del 1755. Pochissimi, a quel tempo, proposero un rifacimento di ogni edificio “com’era e dov’era”. Questo motto venne coniato per la prima volta a Venezia in seguito al crollo del campanile di San Marco il 14 luglio del 1902. La sua ricostruzione, condotta con una discreta fedeltà alla forma originale, ebbe termine dieci anni più tardi. Una sorte analoga toccò alla Torre dell’orologio di Faenza che, nel novembre del 1944, era stata fatta saltare in aria dalle truppe tedesche in ritirata. In questo incontro, dopo un’introduzione dedicata alla Faenza post-bellica, saranno presentati, con l’aiuto di molte immagini, i celebri casi delle città di Dresda, Varsavia, Londra, Berlino, devastate dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, per finire con uno sguardo su alcune ipotesi di ricostruzione nella Striscia di Gaza, oggi distrutta.
Evento a ingresso libero, per informazioni: manfrediana@romagnafaentina.it